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Relazione sull'andamento economico della provincia di Sondrio - 2012

CAPITOLO 2

Il quadro di riferimento

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Lo scenario internazionale

E’ ormai consuetudine che la Relazione sull’andamento economico della provincia di Sondrio si apra con un quadro volto a sintetizzare l’andamento socioeconomico a livello internazionale, nazionale e regionale, prima di entrare nel dettaglio dei dati locali. In un sistema economico sempre più interdipendente è infatti necessario che le dinamiche locali vengano inserite in contesti più ampi per essere interpretate. Tutto ciò è particolarmente vero in un momento congiunturale molto delicato, che sconta gli effetti di una crisi economica globale che non ci ha ancora abbandonato, per quanto dalle ultime stime (esempio Prometeia), si preveda per l’economia italiana una riemersione dalla recessione nella seconda metà del 2013, non sufficiente però per evitare una nuova riduzione del PIL nell’anno, sia pur minore di quanto verificatosi nel 2012.

Il Fondo Monetario Internazionale all’inizio del 2013 prevede una certa crescita a livello globale, anche se ha già riscontrato la necessità di rivedere al ribasso le previsioni positive che erano state avanzate ad ottobre 2012, a causa di ritardi nella ripresa dopo una contrazione durata a lungo e protrattasi per molto tempo in particolare nella zona Euro. A livello complessivo gli esperti del Fondo Monetario Internazionale nel World Economic Outlook 2013 affermano che diversi Paesi si trovano ancora a dover combattere contro una debole domanda estera e altre difficoltà interne manifestatesi in contrazione dei consumi. Ancora a gennaio 2013 il FMI non si sbilancia e, mentre ritiene che se i rischi di crisi restano teorici e le condizioni finanziarie continuano a migliorare anche le previsioni saranno meno positive di quanto si verificherà nel concreto, allo stesso modo ribadisce anche che restano rischi di peggioramento nell’area Euro e negli Stati Uniti per cui si rimanda ad un’azione politica tempestiva per evitare che diventino rischi concreti.

Le previsioni hanno fatto seguito ad un trend economico che dalla seconda metà del 2012 ha portato ad un andamento comunque positivo, anche se per fattori più temporanei che consolidati; di qui la necessità di mantenere cautela sulle previsioni diffuse, perché contengono ancora ampi gradi di incertezza legati anche a performance più blande di quanto atteso sia in area Euro sia in Giappone. A livello generale però le previsioni per il 2013 danno una crescita del 2% negli Stati Uniti, dalla seconda metà dell’anno, senza variazioni rispetto a quanto era stato stimato a ottobre: il miglioramento del mercato finanziario globale unitamente alle nuove e positive dinamiche nel mercato immobiliare hanno permesso di prevedere una ripresa nei consumi (FMI outlook 2013). Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel corso del 2012 (più precisamente dalla fine del 2011) si sono registrate dinamiche recessive, più accentuate nella prima parte dell’anno, con una certa ripresa nella seconda metà dell’anno, a livello complessivo, e con andamenti altalenanti e ancora recessivi nelle economie avanzate. Nel 2013 sono attese riprese sia nelle economie avanzate, sia in quelle emergenti, le quali hanno manifestato un recupero più netto già a fine 2012 (figura 2.1).

 

Figura 2.1 - Crescita del PIL a livello globale. Fonte: FMI

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La figura 2.2 evidenzia, poi, come, secondo il Fondo Monetario Internazionale, per il 2013 si preveda una crescita complessiva a livello globale del 3,5% e per le economie avanzate dell’1,4%. E’ atteso segno positivo per gli Stati Uniti (+2%) e per il Giappone (+1,2%) e, in Europa, per Regno Unito (+1%) e anche per Germania (+0,6%) e Francia (+0,3%). Ancora negative le previsioni per Spagna e Italia, rispettivamente -1,5% e -1%, sia pur in rallentamento rispetto al 2012 per l’Italia, mentre in lieve peggioramento per la Spagna. Complessivamente per la zona Euro si prevede un segno negativo, un rallentamento della crescita rispetto al 2012, dello 0,2% (quando si era registrato un ribasso rispetto all’anno precedente dello 0,4%). Si prevede che il commercio mondiale segni +3,8%. Resta evidente la dinamica della crescita a due velocità, più forte per i Paesi emergenti (5,5%), meno per le economie avanzate (1,4%).

 

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La figura 2.3 mette in evidenza gli ultimi dati previsionali disponibili relativi alle previsioni per il 2013 e 2014, secondo cui si prevede un segno negativo solo per l’area Euro nel 2013, comunque in rallentamento rispetto al dato 2012.

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Complessivamente, dalla fine del 2011 le tensioni sul debito sovrano in area Euro avevano iniziato ad assumere dimensione sistemica comportando incertezza a livello globale rispetto alla gestione della crisi a livello europeo, incertezza che andava ad aggiungersi a quella legata alle difficoltà di consolidamento delle finanze pubbliche americane.

Le prospettive di crescita dell’economia mondiale sono rimaste soggette a un’elevata incertezza a causa dei timori per il debito sovrano e per la stabilità bancaria e a situazioni diversificate, più stagnanti in Europa, più dinamiche negli Stati Uniti e nei Paesi emergenti. Questi ultimi hanno registrato un lieve rallentamento a seguito delle misure di politica restrittiva che erano state adottate nel primo semestre. Nel trimestre estivo, comunque, il PIL ha continuato a crescere in particolar modo in Cina ed in India (9% e 6%), grazie ad una domanda aggregata interna solida e sostenuta. A causa di una debole domanda nei Paesi avanzati l’inizio del 2012 ha visto anche un rallentamento nelle economie dei Paesi emergenti. In particolare in Cina la crescita è scesa all‘8,1% dal 9,2% dello stesso trimestre del 2011. Anche in India e Brasile si è registrata una decelerazione dell’attività economica, specie quella industriale, mentre ciò non si è verificato in Russia. La situazione di incertezza ha finito per prevalere e ha comportato una sempre maggiore avversione al rischio per gli investitori con l’accompagnata preferenza per strumenti finanziari ritenuti sicuri, quali titoli di Stato di Paesi come la Germania e gli Stati Uniti.

Come evidenziato dalla Banca d’Italia, il primo trimestre 2012 si era caratterizzato per una contenuta espansione dell’economia mondiale, anche se le tensioni sul debito sovrano in area Euro hanno determinato ancora stagnazione. Nei mesi primaverili, poi, la crisi del debito sovrano ha assunto di nuovo dimensioni importanti: si era attenuata all’inizio dell’anno, ma in seguito si è di nuovo intensificata per le difficili situazioni sul fronte greco e su quello spagnolo. Si confermava così il clima di incertezza legata al venir meno diffuso di fiducia rispetto alla capacità di coesione europea nel gestire la crisi a livello continentale.

Le prospettive di crescita dell’economia mondiale erano così ancora soggette a un’elevata incertezza a causa della crisi del debito sovrano, alle incertezze su una attuazione coesa e tempestiva delle misure di politica economica decise nell’ambito del summit europeo di fine giugno e al rallentamento registrato nel secondo trimestre nelle principali economie al di fuori dell’area Euro (dove, invece, come si vede nel paragrafo dedicato all’area dell’Euro si è registrata stagnazione). Complessivamente, infatti, nel secondo trimestre l’attività economica aveva rallentato e aveva continuato su questa linea anche nel periodo estivo. Anche il commercio internazionale aveva segnato un rallentamento pur mantenendosi comunque fra le attività che controbilanciano meglio la stagnazione, dovuta a riduzione nei consumi e incertezza. Nel quarto trimestre, poi, il quadro congiunturale anche al di fuori dell’area Euro era rimasto fragile, con andamenti positivi registrati in particolare negli USA anche se a ritmi rallentati rispetto a quanto è stato registrato nel periodo precedente. Nel periodo considerato, gli USA hanno raggiunto in extremis un compromesso per evitare il “fiscal cliff” grazie ad un accordo fra democratici e repubblicani che ha ridistribuito i contributi fiscali aumentandoli per chi guadagna oltre 450 mila Dollari l’anno e rinviando di alcuni mesi i tagli alla spesa pubblica.

Nel complesso la Banca d’Italia mette in luce che l’ultimo periodo del 2012 è stato caratterizzato ancora da una persistente debolezza sia del contesto internazionale sia dell’economia dell’area Euro, portando alla già citata revisione al ribasso delle stime di crescita dei principali enti di previsione internazionale. In un contesto internazionale di questo tipo, è possibile osservare che nella prima parte del 2012, più esattamente da marzo a luglio, il prezzo dell’energia e delle materie prime (commodities) ha segnato un netto rallentamento, sia per il prezzo del petrolio sia nei corsi delle materie prime, con una attenuazione delle tensioni inflazionistiche a livello generale. Come evidenziato nella figura 2.4, infatti, si osserva che da marzo il prezzo del petrolio è sceso fino a toccare a luglio un prezzo di poco superiore agli 80 Dollari al barile. Da allora ha cominciato a risalire fino ai 100 Dollari al barile a settembre e mantenendosi poi sempre intorno a quelle quote, solo con un calo nell’ultimo periodo dell’anno, i mesi di novembre e dicembre. Per quanto riguarda le quotazioni del greggio di qualità Brent, queste sono salite di oltre il 20% nei mesi estivi e poi hanno oscillato sopra i 110 Dollari al barile, ma considerando i contratti futures gli analisti ne prefigurano una riduzione a breve. Nell’ultimo trimestre 2012 il prezzo del petrolio si è mantenuto intorno ai 110 Dollari al barile, con valori leggermente più bassi rispetto a quanto registrato nel trimestre precedente, ma comunque ben maggiori rispetto al calo che era stato registrato in giugno.

Le figure successive mostrano rispettivamente l’andamento del prezzo del grano e dell’indice DJ-UBS Commodity Index, relativo all’andamento delle materie prime nel loro complesso sui mercati internazionali: entrambi i grafici evidenziano l’aumento dei prezzi nella seconda metà del 2012 e poi il netto calo dei prezzi delle commodities, legato al rallentamento dell’economia mondiale. In particolare, ad inizio 2013 l’andamento dei prezzi evidenzia come la recessione porti con sé un rallentamento nei costi delle materie prime con rischi conseguenti anche per quelle economie che hanno grandi risorse naturali, come l’Australia, che anche in una diffusa condizione di crisi hanno per molto tempo beneficiato dell’effetto traino rappresentato dalle economie emergenti e da quella cinese in particolare.

 

Figura 2.4 - Andamento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali (crude oil). Fonte: Wall Street Journal

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Figura 2.5 - Andamento del prezzo del grano sui mercati internazionali. Fonte: Wall Street Journal

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Figura 2.6 - Andamento dell’indice DJ-UBSCI sui mercati internazionali. Fonte: Wall Street Journal

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La figura 2.7 mette in luce l’andamento delle spinte inflazionistiche, che hanno registrato un’attenuazione in tutte le economie, grazie alla riduzione dei costi delle materie prime. L’inflazione si è mantenuta su livelli moderati nei principali paesi avanzati, riflettendo la debolezza della fase ciclica.

Figura 2.7 - Inflazione al consumo nelle principali economie avanzate. Dati mensili, variazioni percentuali sui 12 mesi. Fonte: Banca d’Italia

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Secondo le ultime stime rese disponibili dal FMI nel mese di aprile 2013 (che quasi sempre, come accennato, rivedono al ribasso quanto previsto in gennaio), la crescita mondiale toccherà nel 2013 il 3,3% (dato rivisto al ribasso rispetto al 3,5% previsto in gennaio) con un incremento dovuto soprattutto all’andamento delle economie emergenti e in via di sviluppo (+5,3%), mentre la crescita delle economie avanzate si fermerà all’1,2%, grazie al +1,9% degli Stati Uniti e al +1,6% del Giappone. Sono emersi così segnali di rafforzamento congiunturale negli Stati Uniti e in alcune economie emergenti, anche se complessivamente la crescita dell’economia mondiale per il 2013 si manterrà modesta e si rafforzerà nel 2014. Resta incertezza sugli sviluppi della politica di bilancio negli Stati Uniti e della crisi del debito sovrano in Europa.

La situazione nell’area Euro

 

La situazione nell’area dell’Euro ha ancora mantenuto condizioni di incertezza. L’anno si è di fatto aperto con il declassamento del debito sovrano di nove Paesi dell’area Euro, inclusi Francia, Spagna e Italia (che è passata da AA- a BB+), da parte di Standard & Poor’s, a metà gennaio. A fine gennaio anche l’agenzia di rating Fitch aveva proceduto al declassamento del rating per cinque Paesi europei, fra cui l’Italia, per i quali veniva individuato un outlook negativo, a causa delle forti tensioni sul debito sovrano.

A fine 2011 si era assistito infatti ad un peggioramento del quadro congiunturale determinato dall’incertezza verso il futuro e le tensioni sul debito sovrano di rilevanza sistemica avevano comportato instabilità sui mercati finanziari. Come verrà presentato nella sezione specifica è infatti il periodo che ha portato all’insediamento in Italia del governo tecnico di Mario Monti e a misure - adottate in vari Paesi - volte a contribuire ad un rallentamento dello spread e del differenziale di rendimento fra i titoli di Stato tedeschi e italiani. Questi ultimi avevano raggiunto e superato il valore critico di 550 con un andamento che è evidenziato nella figura seguente (figura 2.8): dall’inizio di luglio i differenziali hanno di fatto continuato a crescere; poi, dalla fine di settembre i differenziali di rendimento fra i titoli di Stato decennali e il corrispondente Bund tedesco sono diminuiti in Portogallo, Spagna, Italia e Irlanda, mentre riduzioni, più contenute, si sono registrate anche in Belgio e in Francia.

Figura 2.8 - Differenziali di interesse fra titoli di Stato decennali e corrispondente titolo tedesco. Dati giornalieri. Punti percentuali. Fonte: Banca d’Italia

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A livello europeo a fine 2011 e per il 2012 la Banca Centrale Europea (BCE) guidata da Mario Draghi aveva deciso misure aggiuntive di sostegno alla liquidità delle banche e alla loro attività di prestito alle famiglie e alle imprese con nuove operazioni di rifinanziamento a più lungo termine con durata pari a 36 mesi. A metà gennaio del 2012 il credito totale della Banca Centrale Europea alle banche era quasi mille miliardi di Euro.

 

E’ evidente come in questo quadro, di stagnazione, a fronte di rallentamenti nelle economie extra europee, dati i declassamenti delle agenzie di rating e i dubbi degli operatori rispetto alla capacità di gestione della crisi dell’Euro, le tensioni sul debito sovrano abbiano raggiunto dimensione sistemica. Gli analisti hanno evidenziato che l’area dell’Euro è quella che risente in modo particolare della situazione di crisi e stagnazione, anche perché la Banca Centrale Europea non può nei fatti agire come prestatore di ultima istanza per il debito pubblico dei Paesi Euro. Tuttavia, va evidenziato il ruolo giocato dal Governatore della BCE Mario Draghi, insediatosi a novembre 2011, esordendo con il ridurre il tasso d’interesse di un quarto di punto e poi adottando ulteriori ed importanti misure per allentare le condizioni monetarie e sostenere la liquidità degli intermediari, agendo di fatto in modo analogo alla Federal Reserve americana. Ad inizio luglio era stato deciso dal Consiglio Direttivo della BCE di ridurre il tasso fisso sulle operazioni di rifinanziamento principali allo 0,75%, il livello più basso mai raggiunto nell’area dell’Euro; anche il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale e quello sulla deposit facility sono stati ridotti di pari grado. In questo modo l’espansione dell’offerta di liquidità dell’Eurosistema avviata con le operazioni di rifinanziamento di dicembre e febbraio della BCE era rimasta elevata, contribuendo a ridurre anche le tensioni sul mercato monetario. Dopo che nel primo trimestre si erano ridotti gli spread, nel secondo trimestre gli andamenti dei mercati finanziari si sono rivelati più volatili e gli spread rispetto ai titoli tedeschi sono tornati ad aumentare riducendosi in modo netto dopo il summit di fine giugno ma poi tornando ancora ad aumentare: da marzo a luglio lo spread è salito in Grecia, Spagna e Italia; fra le motivazioni che lo hanno determinato rientrano le incertezze politiche in Grecia e le condizioni del sistema bancario in Spagna oltre a incertezza rispetto al piano di sostegno finanziario deciso a livello europeo.

 

 

Considerando il ruolo di Draghi, è opportuno evidenziare come a fine luglio, quando lo spread aveva ricominciato a risalire, egli aveva con le sue parole contribuito in modo sostanziale a far risalire le Borse, in particolare di Milano e Madrid e a ridurre lo spread. Intervenendo alla Global Investment Conference, a Londra, Draghi ha affermato l’impegno della BCE per fare tutto il necessario per salvare l’Euro, visto come processo irreversibile per cui nessun Paese potrà uscire dall’Eurozona. Il sostegno all’Euro così espresso dal governatore della BCE ha fatto scendere lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti di 40 punti portandolo sotto agli oltre 500 punti che aveva raggiunto nei giorni precedenti per l’Italia e ai circa 600 punti per la Spagna. Sul fronte dei mercati, il recupero importante che l’Euro aveva avuto alla dichiarazione di Draghi, non ha avuto lunga durata perché la settimana dopo, il 2 agosto, è stato evidenziato che il pensiero di Draghi era una dichiarazione di intenzioni che richiedeva ancora un accordo politico istituzionale in fase di definizione, specie nell’accordo con la Bundesbank1. I mercati si attendevano un’azione immediata che invece ha dovuto essere rimandata ancora per qualche settimana portando a conseguenti reazioni negative dei mercati dopo il forte recupero positivo.

A settembre 2012, anche la Corte Costituzionale tedesca afferma di non trovare condizioni ostative per la Costituzione tedesca rispetto al patto fiscale “fiscal compact” siglato a fine 2011 dai Paesi Europei (tranne Regno Unito e Repubblica ceca) e approvato nel marzo 2012 con l’obiettivo di stabilire regole “d’oro” vincolanti all’interno dell’Unione Europea per il principio dell’equilibrio del bilancio, regola che ogni Paese deve introdurre entro il 2014 nella legislazione nazionale. Oltre a questo viene stabilito un sistema complesso di strumenti e procedure, fra cui un meccanismo di aiuti a Paesi in difficoltà attraverso un apposito fondo, prima chiamato European Financial Stability Facility e poi denominato European Stability Mechanism.

Si tratta dell’avvio del nuovo Fondo Salva Stati2, avvenuto di fatto nell’ottobre 2012 come fondo specifico di 500 miliardi di Euro introdotto all’interno dello European Stability Mechanism, dotato della possibilità di emettere titoli, garantiti dalla proporzione delle quote di capitale dei Paesi nella BCE, e anche di acquistare titoli di stato sul mercato primario e su quello secondario. Come fondo speciale gestito dai ministri delle finanze dei Paesi Euro, del Commissario UE agli affari economico monetari e il Presidente della BCE nel quadro quindi di quel nuovo meccanismo permanente di stabilizzazione finanziaria (ESM appunto) introdotto come modifica dei Trattati europei nel 2011, con l’obiettivo proprio di mobilizzare risorse finanziarie e dare un sostegno alla stabilità. A regime il Fondo dispone di un capitale sottoscritto di 700 miliardi di Euro - con una capacità massima di prestito di 500 miliardi con 32 miliardi subito disponibili, permettendo una capacità di prestito di 200 miliardi. Anche l’Italia partecipa al meccanismo con una percentuale di contributo del 17,914%, e una sottoscrizione di capitale di 125 miliardi. Le altre quote di partecipazione più alte sono quelle della Germania (con una percentuale di contributo pari al 27% circa), Francia (20, 3%) e Spagna (quasi 12%). L’obiettivo è quello di supportare Paesi membri con gravi problemi (o con minacce di gravi problemi) di finanziamento»; l’assistenza è vincolata a «un’appropriata condizionalità». Serve l’unanimità anche se è ammessa una procedura d’emergenza dove è sufficiente una maggioranza qualificata dell’85%, di fatto garantita da un’intesa fra i quattro Paesi più grandi con un paio dei minori ad aggregarsi3.

Obiettivo di intervento è per quei Paesi come la Grecia non ancora del tutto esclusi dai mercati e capaci di finanziarsi ma a tassi elevatissimi sui mercati e poi attraverso l’acquisto di bond. Se un Paese è in difficoltà, è possibile chiedere l’intervento dell’ESM perché acquisti i suoi titoli sul mercato primario e poi la BCE può intervenire con acquisti illimitati sul mercato secondario.

Se si considerano in questo contesto i dati specifici relativi al mercato dei cambi, nel primo trimestre 2012 l’Euro ha cominciato ad indebolirsi nei confronti del dollaro; un apprezzamento dell’Euro si è invece registrato a partire da settembre dopo un arrestarsi del deprezzamento cui si era assistito già dal 2011.

In termini effettivi nominali, l’Euro si è rafforzato nei confronti delle principali valute, cosa strettamente collegata con il rapido attenuarsi dell’incertezza sulla solidità dell’Unione Monetaria e il carattere più espansivo della politica monetaria negli Stati Uniti. Tra l’inizio dello scorso ottobre e la metà di gennaio si è apprezzato del 3,2% nei confronti del Dollaro e del 17,6% nei confronti dello Yen. Tale apprezzamento ha comportato, come evidenzia la Banca d’Italia, ad un lieve deterioramento della competitività delle imprese, in tutti i Paesi dell’area Euro, sia pur mantenendosi più favorevole che nel 2009.

Figura 2.9 - Tasso di cambio Euro/Dollaro. Fonte: Wall street Journal - Febbraio 2012/febbraio 2013

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Figura 2.10 - Tasso di cambio effettivi nominali - Euro/Dollaro. Fonte: Banca d’Italia - Febbraio 2012/Febbraio 2013

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Le figure 2.9 e 2.10 mettono in luce rispettivamente l’andamento dell’Euro rispetto al Dollaro nell’ultimo anno e delle due valute negli ultimi cinque anni.

 

Figura 2.11 - Andamento del differenziale di interesse tra titoli di Stato decennali e il corrispondente titolo tedesco nel 2012. Fonte: Il Sole 24 Ore

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Secondo le ultime stime del FMI, nel 2013 ci sarà segno negativo per numerosi Paesi dell’Eurozona; fra questi l’Italia dovrebbe vedere il suo PIL contrarsi dell’1,5% per poi segnare nel 2014 segno positivo con +0,5%. Nell’area dell’Euro la debolezza ciclica rimane; la domanda interna è ancora debole anche in Paesi non colpiti dalla crisi del debito sovrano. L’inflazione continua a scendere, sotto il 2%, cosa non più successa dal 2010 e prevista in ulteriore calo nei prossimi mesi.

L’andamento dei mercati finanziari è stato nel complesso positivo ma recentemente si sono registrate di nuovo tensioni nelle borse europee e nei mercati del debito sovrano; la parola che si ripete è ancora incertezza sulla crescita in Europa, sulla formazione di un effettivo governo in Italia e sulla crisi di Cipro, che ha messo in luce di nuovo difficoltà di coordinamento tra autorità europee e sistemi nazionali4.

La situazione in Italia

 

Il 2012 è stato un anno difficile per l’economia italiana specie per la debolezza della domanda interna ulteriormente enfatizzata dalle misure di austerità che le autorità governative hanno promosso per rimettere in equilibrio i conti pubblici.

 

Secondo gli indicatori rilevati dalla Banca d’Italia, l’andamento del PIL è stato negativo per tutto il 2012 e non emergono ancora segnali di una significativa inversione di tendenza per il 2013. Anche le ultime previsioni del FMI di aprile 2013 danno una correzione al ribasso (-0,4%) per il PIL italiano rispetto a quanto previsto in gennaio. Complessivamente la Banca d’Italia registra una riduzione del Pil italiano nel 2012 del 2,4%, con una contrazione che si è intensificata nel quarto trimestre (-0,9% rispetto al trimestre precedente), a causa in particolar modo di una riduzione del valore aggiunto dell’industria in senso stretto (-2,6%) e di una ulteriore contrazione della domanda interna.

 

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In questo contesto generalmente negativo, si rileva la tenuta della domanda estera netta che ha permesso di contenere le perdite sostenendo il PIL per 0,4 punti percentuali mentre, come anticipato in precedenza, si sono contratti i consumi delle famiglie e gli investimenti fissi lordi (figura 2.13). Il contributo positivo della domanda estera (la media dell’anno è 2,3%) si spiega per un andamento delle vendite all’estero che resta positivo e ad una contrazione delle importazioni. Dagli ultimi dati disponibili al momento della redazione del presente lavoro (aprile 2013) è possibile affermare che il quadro complessivo rimane difficile con il PIL in calo per il sesto periodo consecutivo e una produzione industriale nuovamente in caduta. Il fatto che ci siano sei dati negativi e consecutivi evidenzia non solo la presenza della crisi ma ne mette anche in risalto tutta l’intensità.

 

Le pressioni inflazionistiche si sono allentate grazie al rallentare della corsa dei prodotti energetici nonché al venir meno dell’impatto dell’aumento delle imposte indirette avvenuto nel corso dell’autunno 2011. A marzo 2013 l’inflazione in Italia è all‘1,8% poco al di sopra della media dell’area dell’Euro.

Figura 2.13 - Crescita del PIL e contributi delle principali componenti della domanda e delle importazioni. Valori percentuali. Fonte: Banca d’Italia

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Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, dal punto di vista delle imprese, l’attività industriale si è nuovamente contratta nell’ultimo trimestre del 2012 e non emergono segnali di recupero per i primi mesi del 2013. Il sentimento degli operatori sulle prospettive a breve termine è in lieve peggioramento rispetto all’autunno. In questa stessa direzione va il dato degli investimenti delle imprese che sono ancora in calo anche se ad una velocità decisamente meno intensa rispetto alla prima metà del 2012. Questa situazione riflette da un lato le incerte prospettive riguardo al futuro e dall’altro i notevoli margini di capacità produttiva inutilizzata.

 

D’altro canto, la competitività delle imprese italiane misurata sulla base dei prezzi dei beni manufatti si è lievemente deteriorata da settembre 2012 - come in tutti i Paesi dell’area Euro - per effetto dell’apprezzamento della moneta (figura 2.14). Tuttavia, essa è pur sempre di circa cinque punti percentuali migliore rispetto alla fine del 2009.

Figura 2.14 - Indicatore di competitività dei manufatti. Fonte: Banca d’Italia

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Continua il momento di difficoltà del comparto delle costruzioni dove è particolarmente significativa la riduzione delle transazioni (-2,7% nel solo residenziale rispetto al trimestre precedente) che hanno ormai raggiunto il livello più basso degli ultimi venti anni. Al tempo stesso, continua il calo dei prezzi delle abitazioni che, secondo le stime preliminari dell’ISTAT, sono scesi dell’1,1% in termini nominali continuando così il trend iniziato nel 2011 (figura 2.15).

Figura 2.15 - Compravendite e prezzi delle abitazioni in Italia. Fonte: Banca d’Italia

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Dal punto di vista delle famiglie, persiste la contrazione dei consumi che riflette sia il prolungato calo del reddito disponibile sia il persistente clima di incertezza. In questo quadro, non stupiscono i dati negativi per il 2012 legati a tutti gli indicatori presi in esame (figura 2.16).

Figura 2.16 - Consumi, reddito e clima di fiducia dei consumatori in Italia. Fonte: Banca d’Italia

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I consumi, le vendite al dettaglio e le immatricolazioni sono rimaste deboli per gran parte del 2012 e, in alcuni casi, la flessione si è accentuata in autunno e sulla fine dell’anno. Il clima di fiducia è su livelli storicamente molto bassi a causa del quadro economico generale e della grande incertezza politica che pesa sul futuro del Paese. Secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, i comportamenti di consumo rimarrebbero depressi anche per gran parte del 2013. Tuttavia, il rapporto fra il debito delle famiglie e il reddito disponibile era rimasto al 65% nel terzo trimestre 2012: è questo un livello che è decisamente più basso rispetto a quello medio della zona Euro che sfiora il 100%.

La produzione industriale nel primo trimestre 2013 sembra essersi stabilizzata dopo il forte calo della fine del 2012, quando aveva segnato -2,2% rispetto al terzo trimestre 2012.

In un quadro congiunturale difficile, le imprese privilegiano posizioni temporanee a discapito di quelle permanenti (-0,7% pari a 107.000 posizioni in meno). Questa debolezza di domanda di lavoro dipendente si è naturalmente riflessa sulle ore effettivamente lavorate che a ottobre erano in calo di un punto percentuale rispetto all’anno precedente anche per l’esteso uso del part-time, una riduzione degli straordinari e un maggior ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG). In tal senso, il numero di ore autorizzate CIG è aumentato del 22,3% in estate 2012 e i dati mostrano che tale crescita è continuata anche verso la fine dell’anno. Nella sola industria sono state autorizzate oltre 200 milioni di ore di CIG (ovvero quasi l’11% delle unità di lavoro a tempo pieno equivalenti). Nel quarto trimestre 2012 il calo dell’occupazione è dello 0,6% rispetto al periodo precedente; il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) è aumentato da 30,4 a 42,1 ore ogni 1.000 ore lavorate.

 

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Le prospettive per i primi mesi del 2013 sono altrettanto difficili: i dati disponibili mostrano un mercato del lavoro con una domanda in ulteriore calo. Il numero dei posti vacanti, infatti, si è ulteriormente ridotto (da 0,7 a 0,5% del totale delle disponibilità nel terzo trimestre 2012).

 

La situazione del mercato del lavoro permane quindi difficile: rispetto al marzo 2012, a marzo 2013 il dato degli occupati in Italia è di 22 milioni 674 mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al dato di febbraio 2013 e dell‘1,1% su base annua; ciò corrisponde a una riduzione di 248.000 unità. A questo si aggiunge l’espansione dell’offerta di lavoro, che spinge verso l’alto il tasso di disoccupazione. Alla fine del 2012 il tasso di disoccupazione ha raggiunto l‘11,6% a livello complessivo; esso segna invece a febbraio una leggera flessione rispetto al dato registrato a gennaio 2013 dell’11,7%, ma comunque un aumento dell’1,5% rispetto al febbraio 2012. Aumenta vertiginosamente la disoccupazione giovanile, raggiungendo il record - a marzo 2013 - del 38, 4% per i giovani (15-24 anni), in aumento di 3,2 punti percentuali su base annua. Il problema della disoccupazione, specie giovanile, sta infatti esplodendo in Europa e anche su più vasta scala. Si tratta di una nuova grande questione sociale, definita in questo modo anche dal Presidente della Repubblica e legata al rischio sempre più concreto di una “generation jobless” come descritta da The Economist a fine aprile 2013: complessivamente, mettendo insieme i dati dei giovani disoccupati (e scoraggiati) dei Paesi OCSE (26 milioni), dei giovani in cerca di un lavoro (75 milioni, dati ILO), dei giovani che secondo la Banca Mondiale sono inattivi nei Paesi emergenti (262 milioni), si tratta di circa 311 milioni di giovani, poco sotto la popolazione degli Stati Uniti d’America. Per molto tempo il problema era stato relativo soprattutto ai Paesi in via di sviluppo cui si collegava di conseguenza una forte immigrazione verso i Paesi avanzati, in realtà oggi con la crisi degli ultimi anni la situazione dei giovani è decisamente più critica e lo stesso The Economist evidenzia come essi siano costretti a ripensare i propri stili di vita e come sia urgente adottare strategie mirate, specie sul fronte del collegamento fra sistemi formativi e mercato del lavoro.

In questo quadro, in Italia, considerando che il numero complessivo di persone attive è aumentato per l’ingresso di nuovi giovani sul mercato del lavoro e per l’innalzamento dell’età pensionabile che ha prolungato la permanenza sul mercato di lavoratori più anziani, il calo del numero di occupati si è tradotta quasi interamente in un netto aumento dei disoccupati. Inoltre, la dinamica dei salari reali continua a vedere una riduzione sebbene ad un ritmo inferiore rispetto alla primavera. Infatti, se da un lato l’inflazione su base annua è scesa dal 3,6% al 3,4%, dall’altro le retribuzioni di fatto nel settore privato non agricolo (in crescita del 2,5%) sono tornate in linea con la dinamica delle retribuzioni contrattuali (+2,4%).

 

La dinamica dei prezzi al consumo è in graduale calo grazie al ridimensionamento della spinta dei prodotti energetici e l’esaurirsi dell’impatto delle manovre fiscali sulle imposte indirette dell’autunno 2011. La debolezza della domanda interna e le minori pressioni sul lato dei costi dovrebbero continuare a mantenere moderata l’inflazione anche per il 2013.

 

Dal punto di vista del settore bancario, la progressiva rimozione dei vincoli di liquidità che pesavano sulle banche italiane ha comportato un miglioramento delle condizioni del credito. Strumentali al raggiungimento di questo risultato sono state le politiche portate avanti dall’Eurosistema nel corso di tutto il 2012. In questo quadro, la raccolta al dettaglio è in crescita, le condizioni di liquidità di molti operatori sono migliorate ed alcuni di essi sono tornati ad emettere sul mercato all’ingrosso. Inoltre, il core tier 15e il capital ratio dei principali gruppi bancari sono ulteriormente aumentati. Tuttavia, l’offerta di finanziamenti è ancora frenata dal rischio intrinseco dell’attività di impresa che, nel quadro congiunturale attuale molto difficile, si esplicita attraverso la fragilità di molti bilanci delle aziende che inducono gli intermediari ad un atteggiamento molto prudente. In tal senso, si rileva come i crediti deteriorati siano aumentati in modo significativo.

Dagli ultimi dati disponibili raccolti nel primo trimestre 2013 emerge che le condizioni del credito restano tese: si riducono i prestiti alle imprese, pur se a un ritmo inferiore rispetto alla seconda metà del 2012, e alle famiglie. Il costo del credito alle imprese nella prima parte del 2013 resta di circa un punto percentuale più elevato rispetto alla media dei Paesi dell’Eurozona.

Nell’ultimo periodo si acuiscono difficoltà legate alla liquidità, anche per i crediti verso le Pubbliche Amministrazioni, valutati da Banca d’Italia in una quota pari a circa il 6% del PIL. I prestiti bancari alle imprese, al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, hanno continuato a diminuire, sia per le aziende medio-grandi sia per quelle di piccole dimensioni (figura 2.18).

Figura 2.18 - Prestiti bancari per classe dimensionale dell’impresa. Fonte: Banca d’Italia

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Le misure di austerità introdotte dalle autorità governative già dalla seconda metà del 2011 e proseguite per tutto il 2012 hanno permesso di contenere il fabbisogno dell’Amministrazione Pubblica al 3% del PIL (contro il 3,9% del 2011) al netto delle dismissioni e dei prestiti dello European Financial Stability Facility. Le misure adottate nel secondo semestre 2011 dovrebbero permettere un ulteriore miglioramento dei conti pubblici già dal 2013-14 con il rapporto tra debito pubblico e PIL in calo già dal 2014 grazie all’aumento dell’avanzo primario e alla ripresa dell’attività. Rimane ancora l’incognita della crescita. Il quadro complessivo delle misure di austerità adottate fino ad ora sembra sortire il voluto effetto di mantenere in equilibrio i conti pubblici ma la situazione dell’attività economica complessiva è molto depressa. Il PIL nel 2012 si è contratto del 2,4% su base annua e per il 2013 si prevede un ulteriore calo di circa -1% per effetto del peggioramento del contesto internazionale e per il perdurare delle condizioni interne di debolezza. La Banca d’Italia prefigura uno scenario di ritorno alla crescita per la seconda metà del 2013 nel caso vi fosse una graduale ripresa degli investimenti a seguito della normalizzazione delle condizioni di investimento e dal recupero della domanda della zona Euro. Questo permetterebbe anche un sostanziale miglioramento del clima di fiducia e lascerebbe sperare in un 2014 parzialmente in ripresa. I temi chiave di crescita e lavoro sono temi prioritari per l’agenda del governo insediato a fine aprile 2013 dopo la crisi politica dei due mesi precedenti. Anche da parte del Presidente della Repubblica si riafferma la necessità e urgenza per tutte le forze sociali, politiche e parlamentari di concentrarsi sulle questioni del lavoro per impostare le riforme necessarie per aiutare a riavviare la crescita.

 

La situazione in Lombardia

 

Come di consueto è opportuno considerare anche la dinamica regionale per completare il quadro di contesto in cui inserire ed analizzare la situazione relativa alla provincia di Sondrio (figura 2.19).

Figura 2.19 - Produzione industriale Lombardia/Italia/Eurozona . Fonte: Unioncamere Lombardia - Eurostat

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La linea verde relativa alla Lombardia mostra come la produzione lombarda abbia segnato un calo continuo dalla metà del 2011 e accennato una leggera ripresa negli ultimi due periodi del 2012, con un calo ad inizi 2013. La produzione industriale di Lombardia e dell’area Euro si sono trovate ad essere molto vicine a fine del 2012, con dati per entrambe inferiori comunque al valore indice 100, non più toccato nel caso della Lombardia dalla metà del 2011 e per la zona Euro da inizi 2012. Nel primo periodo del 2013 però il dato lombardo è più negativo di quello relativo alla performance europea

Osserviamo poi che la performance lombarda resta sempre nettamente superiore rispetto a quella media italiana che segna un continuo calo dalla metà del 2011 senza accennare a riprese nemmeno a fine 2012, e avviandosi ad una stabilizzazione a inizi 2013.

 

Il bacino di informazioni cui attingere per avere un quadro di riferimento dell’andamento economico regionale trova supporto importante nell’indagine campionaria effettuata da Unioncamere Lombardia per conto delle Camere di Commercio lombarde su un campione rappresentativo di imprese.

 

La tabella seguente (figura 2.20) offre un quadro riassuntivo delle principali variabili in esame confrontando le variazioni sul periodo precedente.

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Nel 2012 il dato relativo alla produzione industriale ha segnato variazioni positive, cioè aumenti, rispetto al trimestre precedente, soltanto nell’ultimo periodo, registrando invece una flessione da metà 2011, andata rallentando dal II trimestre 2012.

Dando uno sguardo anche alle altre variabili chiave, si può osservare che gli ordini interni hanno continuato a ridursi in tutti i trimestri 2012, a dimostrazione di un mancato consolidamento dei consumi legato alla situazione di incertezza. Gli ordini esteri, per contro, hanno mostrato sempre una tenuta maggiore con variazioni positive, di misura nel secondo e terzo trimestre, più consistenti nell’ultimo trimestre a conferma del ruolo comunque di traino rappresentato dalle esportazioni. Ciò rimane vero anche in un quadro che vede rallentare il commercio internazionale.

E’ possibile osservare anche il leggero aumento del fatturato nell’ultimo trimestre, in sincronia con la leggera ripresa della produzione industriale. Se si considerano i prezzi delle materie prime e prezzi dei prodotti finiti, dalla tabella si evince una dinamica di continui aumenti rispetto ai periodi precedenti, sia pur limitati. Si può osservare che i primi dati relativi al trimestre gennaio-marzo 2013 sono negativi per tutte le variabili osservate. Aumenta solo la quota del fatturato estero, che passa dal 39% al 39,6%.

 

La figura 2.21 mostra invece le variazioni tendenziali, anno su anno, che permettono di esprimere comunque una “tendenza” nell’andamento delle grandezze, prescindendo da possibili variazioni di breve periodo (affiancando per esempio le rilevazioni trimestrali).

Sull’anno possiamo osservare che la produzione mostra dati negativi per tutti i periodi, con un dato medio annuo di riduzione della produzione industriale pari al 3,7% rispetto al 2011. Negativi anche i dati relativi agli ordini interni sia pure in leggero rallentamento nell’ultimo trimestre (rispetto al IV 2011). Positive le variazioni tendenziali per gli ordini esteri, grazie al contributo del commercio internazionale. Complessivamente gli ordini esteri sono aumentati dello 0,4% a fronte di una riduzione di quelli interni del 6,6%.6

A livello tendenziale si evidenzia, poi, la dinamica di rialzo dei prezzi delle materie prime che fanno segnare una crescita media annua del 5,8%, in netto calo rispetto all’aumento medio annuo registrato nel 2011 (15%). Più contenuta, però, è anche la dinamica di rialzo dei prezzi dei prodotti finiti, di poco sotto al 2% a fronte di un aumento che nel 2011 era del 6%. Resta valida la considerazione che investimenti in innovazione potrebbero permettere di recuperare in efficienza e produttività quanto invece si perde negli aumenti di prezzo delle materie prime, ancora di più in un quadro dove i segnali sono negativi per tutte le variabili, anche per gli ordini esteri, che a inizi 2013 rallentano rispetto al dato del I trimestre 2012.7

In questo contesto, il tasso di utilizzo impianti segna, nella media dell’anno una riduzione rispetto al 2011 (da 74,2 a 71,8) mentre le giornate di produzione assicurate dal portafoglio ordini segnano una sostanziale stabilità rispetto al 2011. Ancora, considerando gli indicatori relativi al mercato del lavoro, si rilevano segnali contrastanti. Infatti, mentre le ore lavorate sono aumentate, l’occupazione ha continuato a diminuire, nel 2012 e anche ad inizi 2013 (figura 2.23).s

 

Se osserviamo i dati disponibili relativi all’ultimo periodo del 2012, il settore manifatturiero lombardo aveva registrato, dopo cinque trimestri consecutivi negativi, una variazione congiunturale positiva (+0,7%); tuttavia i dati del primo trimestre 2013 hanno evidenziato che produzione, ordini e fatturato hanno registrato una caduta, cui si è aggiunta anche una caduta della domanda estera, dovuta anche all’impatto delle politiche di austerità.

 

Complessivamente, quindi, nel primo trimestre 2013 si registra un andamento negativo che ribalta il segno positivo registrato a fine 2012 che aveva interrotto una serie consecutiva di cinque risultati di segno negativo. Dato anche l’effetto delle misure di austerità intraprese, il settore estero, che aveva rappresentato l’unico appiglio positivo, ha comunque rallentato.

Anche se la quota percentuale del fatturato estero è cresciuta ancora, il segno diventa negativo perché le misure di austerità adottate nell’area Euro hanno colpito anche Paesi come la Germania, destinazione principe delle esportazioni lombarde. A questo elemento si aggiunge il fatto che nel corso del I trimestre del 2013 aumenta la forbice fra iscrizioni e cessazioni: si impennano le cessazioni e rallentano le iscrizioni, per la situazione stagnante di domanda e occupazione e per le difficoltà sul fronte del credito. E’ opportuno osservare che perché possano realizzarsi a livello locale le previsioni di ripresa è necessario vedere come la zona Euro possa diventare zona di crescita e come l’Italia potrà riuscire ad agganciare un’eventuale ripresa che per la Lombardia sembrava vicina nello scorso trimestre.

 

DALLO STATUTO COMUNITARIO AD ALPS BENCHMARKING

Nell’ambito delle attività di progressiva implementazione del sistema di monitoraggio prefigurato nello Statuto Comunitario, il 2012 ha rappresentato un anno importante sotto due profili principali; da un lato, quello dello studio e dell’approfondimento con la pubblicazione della nuova edizione dello Statuto Comunitario e dall’altro quello delle collaborazioni concrete, avviate con le Camere di Commercio Alpine nell’ambito del progetto Alps Benchmarking cominciato, su iniziativa della Camera di Commercio di Sondrio, nel febbraio 2012.

 

Nel corso del 2012, ad opera del prof Quadrio Curzio è stata pubblicata la nuova edizione dello Statuto Comunitario1. Nella premessa il Professore ha sottolineato il passaggio importante avvenuto con la sottoscrizione del Protocollo d’intesa nel 2011, da parte di Provincia di Sondrio, Camera di Commercio di Sondrio, SEV, Vivi le Valli, Banca Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese e IPERAL. Si è trattato di “muoversi dagli orientamenti dello Statuto alla operatività del Fare, in cooperazione di sistema, dei Soggetti istituzionali, sociali ed economici attivi in Provincia, partendo da una progressiva implementazione del “Sistema di monitoraggio””. Il Professor Quadrio Curzio ha evidenziato la volontà di indicare anche nella nuova edizione dello Statuto che “l’obiettivo raggiunto con l’Accordo consiste infatti nell’affermazione di una condivisa volontà nell’ impostare la programmazione sulla linea individuata dallo Statuto stesso”. Da questo discende il fatto che nello Statuto è stato inserito un nuovo titolo, il Titolo IV, Confermare l’Identità, “che da un lato identifica nella Provincia di Sondrio e nella Camera di Commercio le istituzioni principali per assumere decisioni di rilevanza comunitaria e getta quindi le basi per la costituzione della “cabina di regia” prevista nel Protocollo d’intesa, e dall’altro intende sottolineare quanto sia consolidata l’identità della Comunità locale da preservare anche a fronte della necessità di riprogettare le istituzioni anche in conseguenza delle prefigurate riforme costituzionali avviate nell’estate 2011”.

Nell’ambito della pubblicazione, ampio spazio è stato dato anche alle attività realizzate dalla presentazione dello Statuto Comunitario nel 2008, nella Parte II “l’attuazione dello Statuto e la cooperazione in atto”, in cui si è dato conto del monitoraggio per l’attuazione, della cooperazione in atto con il benchmarking e dei progetti avviati nel solco dello Statuto Comunitario. Tra questi è stata data menzione ai progetti a) di divulgazione dello Statuto nelle scuole ad opera di SEV, particolarmente attiva nella promozione dello Statuto Comunitario; b) 3I - Ideazione Innovazione Interazione con le imprese, con gli studi “Innovare con le imprese” e “Il mosaico dell’innovazione sostenibile” sul tema dell’innovazione nelle imprese, da intendersi in senso multidimensionale e non soltanto in forma strettamente tecnologica ma anche organizzativo e gestionale, da collegarsi in posizione vicina alle imprese e alle loro esigenze e agendo anche sul contesto in cui le imprese operano; c) 3V Valtellina Vettori Veloci, che afferma la necessità di migliorare i servizi di trasporto pubblico in provincia di Sondrio e in particolare di puntare sulla connessione ferroviaria Milano-Tirano per il collegamento con il capoluogo lombardo e verso la Valposchiavo ed Engadina, proponendo di convertire la società Aviovaltellina, modificandone lo Statuto, nella società “Valtellina Vettori Veloci” (3V), quale iniziativa pubblico privata.

 

Si tratta di un’iniziativa fondata sulla collaborazione fra province geograficamente e strutturalmente affini, disponibili a mettere in comune esperienze per individuare progettualità che possano rafforzare - agendo in rete - l’economia alpina. Si tratta di un’attività di collaborazione che si è avviata nel 2012, promossa dalla Camera di Commercio di Sondrio e condivisa dalle altre Camere di Commercio Alpine. Le Camere di Commercio coinvolte sono così Aosta, Belluno, Bolzano, Cuneo, Sondrio, Trento e Verbano- Cusio-Ossola.

La collaborazione si sviluppa su due filoni principali: da un lato la condivisione di indicatori per studi e analisi su, ad esempio, qualità della vita, credito, ricchezza energetica, vocazione turistica, accessibilità (infrastrutture), la propensione all’export e l’innovazione così da individuare punti di forza e di debolezza; dall’altro si colloca la condivisione di best practices. Il tutto vorrebbe spingere verso lo sviluppo di progettualità nuove e comuni, che potrebbero avvalersi di risorse provenienti da fondi comunitari valorizzando anche le esistenti collaborazioni transfrontaliere. Il primo incontro si è tenuto il 9 febbraio a Sondrio, per l’avvio del progetto con la presentazione dei contenuti generali e la condivisione degli obiettivi. Il 18 maggio a Trento si è tenuto un focus sui prodotti lattiero caseari, da cui è emersa la necessità di una più definita tracciabilità dei prodotti, di una collaborazione anche commerciale fra le singole realtà d’impresa e di un sempre più stretto legame fra eccellenze agroalimentari e turismo. Il 10 settembre a Bolzano il tema dell’incontro è stato quello della filiera bosco legno energia in cui si sono condivise problematiche e prospettive - dall’adeguamento delle infrastrutture a programmazione del prelievo - e visitati esempi concreti, come la centrale di teleriscaldamento in Val Sarentino. Successivamente, il 18 marzo 2013 ad Aosta il focus è stato quello del turismo montano, sottoposto alla concorrenza delle vacanze low cost nei mari caldi. Si sono condivisi i problemi, comuni a tutti, alle province a statuto ordinario a quelle a statuto speciale. Tutti in ogni caso risentono del diminuito appeal della montagna, soprattutto in questa fase di crisi. Dal confronto è nata l’idea di elaborare e condividere un documento per promuovere la montagna alpina quale destinazione turistica, valorizzandola nei suoi molteplici aspetti, anche in vista di avvenimenti importanti come Expo. Dal punto di vista metodologico, ogni incontro è stato caratterizzato dalla preparazione di una scheda di approfondimento sul tema da parte di ogni territorio, dalla condivisione degli elementi chiave anche grazie alla presenza di esperti del settore.

Nel quadro delle attività avviate, un primo risultato è stato raggiunto nel 2012, con la redazione del Primo report di benchmarking condiviso: un report di benchmarking sulle macroaree Società, Istituzioni, Economia, Infrastrutture e Ambiente e realizzato, sotto il coordinamento di Sondrio, in collaborazione con le Aree Studi ed analisi territoriale degli altri territori alpini. Il report ha raccolto le prime analisi di confronto, una fotografia della situazione e ha raccolto gli esempi di best practices condivise sui temi dell’internazionalizzazione e del settore lattiero caseario.

Il rapporto è stato presentato ufficialmente a Sondrio il 7 dicembre 2012, nel corso di un convegno, alla presenza del Prof. Quadrio Curzio, che si è concentrato sull’illustrazione dei dati del rapporto e sulla presentazione della nuova edizione dello Statuto Comunitario al pubblico.

 

 

 

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NOTE

  • 1 Come evidenziato anche nel rapporto a cura di Mario Deaglio "Sull'asse di equilibrio" - relativo a economia globale e Italia; cfr pp 29-40

    2 Si tratta di un Fondo che va a sostituire il Fondo precedente con cui era già stato dato supporto a a Portogallo, Irlanda e Grecia

    3 Per completezza si ricorda che i prestiti versati all'ESM non incidono sul debito pubblico e che l'ESM è titolata a dare contributi anche per ricapitalizzare le banche anche se inizialmente non per via diretta

    4 Bollettino Economico n. 72 Banca d'Italia

    5 Con Tier 1 capital (o Core Tier 1, o patrimonio di classe 1) si intende la componente primaria del capitale di una banca. Il Total Capital Ratio (TCR) si basa sulla valutazione oggettiva dell'effettiva consistenza patrimoniale della banca confrontata con una valutazione della qualità dei crediti concessi (impieghi)